La dieta dimagrante è una prova di resistenza. Ma quanti, infine, riescono a rispettare i programmi e a portarla a termine? Le conclusioni di uno studio condotto dalla Loyola Center for Metabolic Surgery & Bariatric Care, nell’Illinois, sembrerebbe far emergere una realtà assolutamente desolante, consistente in un sonoro ceffone alla scienza dietologica. Analizziamone nel dettaglio i risultati.
Che seguire scrupolosamente una dieta dimagrante non fosse una passeggiata, era risaputo. Che non cedere alle “tentazioni caloriche” non fosse semplice, era palese. Che riuscire a mantenere un corretto peso-forma dopo una dieta fosse un grosso problema, era noto a tutti. Ma il fatto che una dieta potesse avere tali percentuali d’insuccesso era difficilmente immaginabile.
Uno su cinque ce la fa. No, non stiamo scimmiottando un noto brano di Gianni Morandi, ma si tratta della conclusione – pubblicata dalla nota rivista Science Daily – a cui è giunta la dottoressa Jessica Bartfield, parzialmente in controtendenza rispetto a quanto avrebbe accertato un altro studio (avere qualche chiletto in più potrebbe avere effetti benefici sul cuore). Infatti, su cinque individui che intraprendono una dieta, a quanto pare, soltanto uno riesce effettivamente a dimagrire e, a dieta ultimata, a mantenere una forma fisica accettabile.
Eppure, mantenere sotto controllo il proprio peso sembrerebbe cosa assai semplice: usare la giusta misura nell’assunzione di grassi, specie quelli animali, non eccedere nel consumo di carboidrati e di proteine, consumare molta frutta e verdura, camminare almeno 30 minuti al giorno e svolgere, ove possibile, una sana e costante attività fisica. Facile, almeno a parole. E anche se le conclusioni a cui è giunta la dottoressa Bartfield possono sembrare apparentemente eccessive, quanti di noi, in sincerità, hanno assistito al cocente fallimento delle diete seguite, se non da noi stessi, da amici e parenti?
Abbiamo assistito pressoché impotenti per anni al florilegio di tutte le diete possibili ed immaginabili, spesso frutto della fantasia e dell’inventiva di questo o di quel sedicente dietologo improvvisato e il più delle volte osteggiate, raramente a torto, dalla medicina ufficiale. Questo perché la cosa più importante è sempre stata quella di riempire le pagine di alcune riviste di settore, alla faccia della deontologia professionale.
Ora, però, analizziamo nel dettaglio i quattro errori fatali a cui la dottoressa Bartfield attribuisce la responsabilità del fallimento delle diete.
ECCESSIVA CONSIDERAZIONE DELL’ATTIVITA’ FISICA SVOLTA
Chi segue una dieta dimagrante incorre con grande facilità in questo errore. Diciamo “oggi ho camminato abbastanza”, mentre invece abbiamo camminato per un quarto d’ora in luogo della mezz’ora prevista dal programma.”Oggi non cammino, ho camminato parecchio ieri”. Bugia, tra ieri e oggi siamo arrivati sì e no a venti minuti. Mi scoccia andare in palestra, oggi prendo l’ascensore, stasera esco con la macchina. Tutte scusanti che ci fanno credere, surrettiziamente, che la nostra dieta stia seguendo un ritmo regolare: i grassi non si bruciano certo da soli. Così facendo, i nostri sacrifici alimentari vanno a farsi benedire.
VALUTAZIONE SBAGLIATA DELLE CALORIE BRUCIATE
Prima dei pasti principali, pesiamo tutto con il bilancino: 50 grammi di pasta, 30 di pane, un cucchiaino d’olio nell’insalata… E poi, durante il resto della giornata, ci avviciniamo meccanicamente a quegli scaffali e preleviamo di tutto: biscottini, patatine, snack, crackers. Poi, guidati come automi da un istinto irrinunciabile, apriamo il frigorifero e diamo fondo ad aranciate, succhi di frutta, bibite e quanto di più ipercalorico abbiamo in dispensa. “Tanto” – diciamo più o meno inconsciamente – “la dieta la sto seguendo: una birra non mi farà male”. E così finiamo con l’assumere più calorie di quelle che risparmiamo utilizzando il bilancino.
ORARI SBALLATI
La regola imporrebbe almeno 5 pasti al giorno, intervallati ciascuno da non più di 3 o 4 ore. Insomma. non dobbiamo dare al nostro organismo il tempo di avvertire lo stimolo della fame: sarebbe la nostra rovina, perché lasceremmo mano libera all’impulso della cosiddetta “abbuffata”, rovinando in mezz’ora il sacrificio di settimane. Guai, quindi, ad aspettare più di 5 ore per mangiare. E guai anche a commettere il madornale errore di non fare una sana colazione mattutina, che va consumata a non più di un’ora dal risveglio mattutino, mentre invece sono molti coloro che, improvvidamente, la saltano, nel malsano intento di non assumere quelle calorie che invece sono assolutamente necessarie per il corretto prosieguo della nostra giornata.
POCO SONNO E DI QUALITA’ NON ECCELSA
Qualcuno potrebbe essere indotto a credere che dormire poco possa aiutare a smaltire una maggior quantità di calorie. Niente di più sbagliato: al contrario, dormire meno di sei ore a notte fa aumentare la secrezione dell’ormone che regola l’appetito, la grelina, e quella del cortisolo, che è l’ormone dello stress. Il risultato è prevedibile: si finisce col mangiare molto di più, in particolar modo i carboidrati.
IL QUADERNO DI BORDO
“Verba volant”, dicevano i nostri antenati. Sulla scorta di questo principio, la dottoressa Bartfield suggerisce di tenere un libro di bordo, cioè un quadernetto su cui annotare tutto ciò che si mangia e che si beve, e magari anche l’attività fisica che si è svolta, magari con l’ausilio di un podometro, nell’arco della giornata. Quanto meno, tenendo sempre sott’occhio ciò che si è fatto, si potrà riuscire a limitare i danni e a non cadere in tentazione.
Se anche solo il venti per cento di coloro che intraprendono la strada dissestata delle dieta dimagrante, vuol dire che chiunque sarebbe in grado di arrivare al risultato concreto. E’ come tentare di togliersi il vizio del fumo: ci vuole perseveranza e tanta buona volontà.
In bocca al lupo, allora, e un solo consiglio: prendete le debite distanze dalle diete fai-da-te.
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